Il Tax Control Framework (TCF) si evolve: non è più solo uno strumento di presidio fiscale, ma un elemento chiave della governance aziendale e della qualità dell’informativa finanziaria. L’evoluzione normativa – con i D.Lgs. 221/2023 e 108/2024 e il D.M. 212/2024 sui certificatori – abbassa le soglie di accesso, estende l’adesione ai gruppi e definisce requisiti rigorosi per commercialisti e avvocati abilitati.
Oggi, ogni società che rispetti le condizioni di accesso, anche appartenente a un gruppo, può ottenere la propria certificazione TCF, con aggiornamenti basati sui Test of Operating Effectiveness (TOE), che verificano l’effettiva operatività dei controlli su tutto l’arco triennale di riferimento. Le verifiche possono essere organizzate con cadenza annuale, biennale o triennale, ma devono documentare che i controlli siano stati svolti in modo continuo e corretto, anche in caso di modifiche organizzative significative.
Il TCF non tutela solo contro i rischi fiscali: come evidenziato dalle linee guida dell’Agenzia delle Entrate del 2025, diventa un fattore di trasparenza e affidabilità dei bilanci, migliorando la tracciabilità delle posizioni fiscali, la coerenza dei trattamenti contabili e la disclosure verso investitori e stakeholder. Per le imprese, la cooperative compliance rappresenta un’opportunità di governance, reputazione e gestione proattiva del rischio. Per i professionisti, si apre un nuovo ambito di attività, con un ruolo di garanzia multidisciplinare che integra diritto tributario, principi contabili e sistemi di controllo interno.
In prospettiva, la cooperative compliance è destinata a essere non solo uno strumento di certezza fiscale, ma anche un motore di qualità del reporting aziendale, con controlli sempre più integrati tra fisco e bilancio.