Come noto, i gruppi internazionali devono (ex art. 110 tuir) applicare alle proprie transazioni intragruppo prezzi che siano in linea con quelli “di libera concorrenza” onde evitare spostamenti “artificiali” di base imponibile tra le diverse giurisdizioni nelle quali il gruppo stesso opera.
Per determinare i prezzi di “libera concorrenza” esistono dei metodi universalmente riconosciuti ed accettati dalla prassi internazionale e nazionale i quali, però, inevitabilmente si connotano sempre di una certa dose di indeterminatezza e di interpretabilità.
In generale, i vari metodi identificano un range di valori attribuibili ai prezzi di transazioni comparabili entro il quale ci si aspetta che si collochino i prezzi praticati dal gruppo attenzionato.
All’interno di tale range (full range) viene identificato un range “ristretto” intorno alla mediana, eliminando gli estremi potenzialmente meno significativi.
Nella prassi, spesso, l’Agenzia delle Entrate riconosce di “default” come congrui solo valori che si pongono all’interno del range ristretto o addirittura che coincidano con la mediana.
Tale modus procedendi costituisce una semplificazione che non solo non tiene conto delle sfumature che la materia presenta ma appare in contrasto con le stesse Linee Guida Ocse.
In questa prospettiva va valutata positivamente la recentissima circolare (Num 16/E del 24 maggio 2022) con la quale l’Agenzia delle Entrate da un lato riconosce l’astratta validità del “full range” e dall’altro invita gli Uffici a motivare adeguatamente le ragioni alla base degli eventuali accertamenti sfuggendo da automatismi che sono incompatibili con la materia in oggetto, che non è una scienza esatta e quindi impone un adeguato e trasparente confronti tra fisco e contribuente.